Castelvecchio
La villa a molti nota come Castelvecchio (in realtà Castelnuovo)
non è un’architettura in pericolo immediato, in quanto è
inserita nella proprietà di una avviata azienda viti-vinicola.
Tuttavia in virtù della sua ricchissima storia e del grande pregio
degli elementi architettonici e paesaggistici che ne disegnano il
contesto, poco noti e sicuramente degni di un intervento che ne
metta in risalto il valore e il significato nel territorio,
segnaliamo qui alcuni dati essenziali.
Descrizione attuale: la villa si presenta attualmente nella forma
ricostruita dopo la prima guerra mondiale. Tale ricostruzione
ricalca più o meno la fisionomia ottocentesca dell’edificio:
un volume a pianta allungata, con il corpo centrale sopraelevato di
un piano rispetto a due corti ali simmetriche e concluso
superiormente da un timpano. Una loggia a quattro colonne, con
tetto terrazzato, precede l’ingresso, mentre un volume
perpendicolare si allunga assialmente sul fronte posteriore per
concludersi con un torrione quadrato, che non compare nelle foto
pre-belliche. Di lato si dispone un gradevole fabbricato di
servizio, già rilevato nelle mappe di inizio ottocento.
La villa è chiusa, attualmente inutilizzata. Sui pendii che si
dispongono ai piedi della facciata anteriore (in direzione ovest) e
di lato (in direzione sud) si conservano le strutture del giardino,
ancora in gran parte integre e originali. Il pendio ovest scende
con piani terrazzati retti da muri in pietra, attraversati da un
percorso assiale in parte a gradini; qui si trova un tempietto a un
giro di colonne, ricostruzione post bellica di una struttura
probabilmente diversa. Sul lato sud si distende un prato chiuso da
una balconata, da cui si domina uno splendido panorama: è in realtà
la copertura di un lungo edificio a pilastri utilizzato un tempo
come serra e come fagianiera. Davanti ad esso, a livello inferiore,
ci sono altri piani terrazzati con strutture in pietra, oggi
trasformati in uliveto.
Il terreno in pendio che scende alla pianura, fino alla II guerra
mondiale ricoperto da un secolare bosco di querce, è ancora quasi
interamente recintato. Un lungo percorso rettilineo conduce alla
sottostante località (questa chiamata propriamente Castelvecchio),
dove si trovano il cancello principale, alcuni fabbricati di
servizio recenti e un insediamento abitativo.
Storia: quello che appare ora è in realtà quanto sopravvive di un
insediamento quattrocentesco presumibilmente fortificato
(Castelvecchio, situato ai piedi del pendio), ampliato con la
costruzione cinquecentesca di un secondo fabbricato nelle parti
soprastanti (Castelnuovo appunto) e rinnovato nelle parti edilizie
e fondiarie, compresi i terreni in quota sul Carso, tra fine XVIII
e inizio XIX secolo. Quest’ultimo intervento, ideato da
Raimondo IX della Torre, costituiva un illustrissimo esempio di
giardino tardo-settecentesco, impostato sulle figure
“archetipo” del giardino (nel senso che la storia
dell’arte attribuisce a questo termine): il bosco, il
recinto, la terrazza, la fonte, la geometria contrapposta alla
libertà della natura. Nelle parti naturali ridisegnate trovarono
luogo innumerevoli elementi dai chiari riferimenti simbolici:
tempietti anfiprostili affacciati su pendii erbosi immersi nel
verde, finte rovine, un mausoleo, un altro tempio neogotico
ricoperto d’edera con ambienti sotterranei e pitture
esoteriche, un articolato sistema di “bagni” (vicino
all’area dell’attuale fornace), tutti documentati dai
catasti ottocenteschi a da altre fonti.
Nel corso del XIX secolo la villa, di cui si ricordano le pitture
del noto artista Gatteri, era residenza delle principesse Marie e
Terese della Torre Hohenlohe, che qui solevano ospitare artisti e
intellettuali: tra tutti ricordiamo Franz Listz, che nel 1868
compose un’opera per canto e piano sui versi della stessa
Terese.
Durante la prima guerra mondiale l’intera proprietà riportò
seri danni, soprattutto alle colture e al patrimonio botanico.
L’impianto del giardino, pur privato delle piante, rimase
però inalterato, mentre la villa venne restaurata. Negli anni
Trenta una strada carrozzabile a tornanti che da Castelvecchio,
attraversando la tenuta, conduceva ai campi di battaglia, fu
affiancata dai filari di cipressi che, a memoria dei caduti,
tuttora ne accompagnano il percorso.
scheda redatta da
Paola Tomasella